Seul raggiunge Pyongyang nella corsa allo spazio
La Corea del Sud ha lanciato con successo il suo primo razzo e messo in orbita il suo primo satellite scientifico direttamente dalla base di Naro e non più da Paesi alleati come il Giappone, a poche settimane dalla riuscita sorprendente dell’operazione della Corea del Nord che, il 12 dicembre, ha spedito nello spazio ”un non meglio definito oggetto” facendo salire la tensione nell’area. Al terzo tentativo in quattro anni, dopo gli insuccessi del 2009 e del 2010 e dopo due rinvii a causa di problemi rilevati a seguito dell’ispezione finale del razzo, Seul e’ il tredicesimo Paese al mondo in possesso di tecnologie aerospaziali con l’ ambizioso obiettivo di costruire un razzo tutto ‘made in Korea’ entro il 2018 ed eventualmente inviare una sonda sulla luna. Il Korea Space Launch Vehicle-1 (KSLV-1), il progetto russo-coreano a fini civili e noto piu’ semplicemente come Naro, ha visto il suo primo stadio realizzato dal partner Khrunichev. Il lancio, avvenuto alle 16.00 locali (le 8.00 in Italia), ha ”visto il satellite raggiungere la sua orbita come previsto, secondo i diversi dati analizzati”, ha annunciato il ministro della Scienza, Lee Ju-ho. ”Oggi – ha aggiunto il presidente uscente, Lee Myung-bak – la Corea del Sud ha mosso un passo in avanti per diventare una potenza spaziale”. Seul, quarta potenza economica asiatica, a pieno titolo nel G20 e patria di campioni hi-tech come Samsung e Hyundai, aspira ad entrare in pochi anni nella top 10 delle economie mondiali. I suoi programmi spaziali sono finiti nel mirino di Pyongyang che ritiene ingiusto la disparità di trattamento riservato dall’Onu. Proprio la riuscita del lancio nordcoreano di dicembre ha creato tensioni nella regione dato che il vettore, sia pure ”poco tecnologico” secondo i report del Sud, ha dimostrato di funzionare con una traiettoria capace di coprire, magari con tanto di testata nucleare, la distanza di 10.000 km, sufficiente a raggiungere le coste Usa fino a una citta’ come Los Angeles. La scorsa settimana, in risposta alla mossa spaziale fatta dal Nord, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha varato all’ unanimità la stretta alle sanzioni in considerazione della violazione delle risoluzioni che impediscono tra l’altro a Pyongyang di effettuare test balistici e nucleari. Di rimando, il regime ha minacciato un terzo test atomico di ”alto livello”, verosimilmente con l’uso di uranio arricchito piuttosto che del plutonio, che, secondo l’intelligence di Seul, potrebbe essere effettuato in qualsiasi momento col via libera della leadership. La Corea del Nord potrebbe andare incontro a ”gravi conseguenze” qualora decida di procedere al minacciato terzo test nucleare ha ammonito il presidente sudcoreano Lee Myung-bak. Se Pyongyang ”sottovaluterà la situazione procedendo ancora una volta con una provocazione, causerà gravi conseguenze”, ha affermato il portavoce presidenziale Park Jeong-ha, citato dall’agenzia Yonhap. ”Il governo – ha aggiunto – invita la Corea del Nord a porre fine con effetto immediato a giudizi e azioni provocatorie, e a rispettare gli obblighi internazionali”. Lee, alle sue ultime settimane del suo mandato dato che il 25 febbraio cedera’ il testimone a Park Geun-hye, prima donna a diventare presidente, ha chiesto al ministro della Difesa, Kim Kwan-jin, di tenere pronte le forze armate, in considerazione – ha aggiunto il portavoce – delle ”crescenti tensioni militari nella penisola coreana, con il Nord che minaccia apertamente provocazioni aggiuntive, tra cui un test nucleare”. Un nuovo test consentirebbe all’intelligence statunitense e sudcoreano di raccogliere informazioni sui progressi compiuti dal programma nucleare di Pyongyang e sulla distanza che separa la Corea del Nord dalla costruzione di un ordigno in grado di costituire una minaccia per gli Stati Uniti e i loro alleati. Secondo il New York Times da quando, nel 2009, la Corea del Nord ha condotto l’ultimo test nucleare, l’intelligence non ha più raccolto informazioni significative sul programma di Pyongyang, definito da un ex alto funzionario dell’intelligence americana, “un programma in fuga”. Da allora, gli ispettori della comunità internazionale sono stati espulsi dal Paese e nel frattempo sono comparsi nuovi impianti per la produzione di combustibile nucleare. Gli 007 americani sperano che una nuova esplosione sotterranea dia risposte a vari interrogativi: la Nordcorea è in grado di produrre una bomba all’uranio, oltre a quelle al plutonio già testate nel 2006 e nel 2009? Possono costruire una testata atomica in grado di essere montata su uno dei missili a lungo raggio già testati con successo il mese scorso? “E’ chiaro che ora ci sono delle aspettative riguardo a questo test”, dice Michael Green, uno dei responsabili delle questioni asiatiche nel Consiglio per la Sicurezza nazionale dell’ex presidente George W. Bush. “Sappiamo molte cose sui loro programmi, ma non la cosa piu’ importante: a che punto sono? E non lo sapremo finche’ non effettueranno il test”. Gli americani non sono gli unici a concentrarsi sul programma nucleare nordcoreano. Anche l’Iran, alle prese da anni con la tecnologia all’uranio, ma non ancora in grado di condurre un test, è ansioso di conoscere i progressi compiuti da Pyongyang. “Sicuramente osserveranno con interesse -dice Joseph R. DeTrani, per anni responsabile dell’intelligence Usa per la nordcorea- vorranno vedere come funziona e vorranno osservare le reazioni della comunità internazionale al nuovo test nordcoreano”.
(Fonti ANSA e Adnkronos)
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