Londra e Parigi alla guerra di Siria. Ma contro chi?
Sull’onda emotiva dell’esplosione dell’emergenza determinata dai cittadini siriani in fuga verso l’Europa i governi francese e britannico sembrano pronti ad ampliare alla Siria le operazioni dei loro jet assegnati alla Coalizione che combatte l’ISIS già attivi da un anno sull’Iraq.
Annunciando l’accoglienza per 15mila profughi siriani trasferiti direttamente dai campi ai confini con la Siria (invece di accettare quanti entrati illegalmente e senza controlli di sicurezza in Europa grazie ai trafficanti), il governo britannico vuole iniziare entro ottobre una campagna di raid aerei contro lo Stato Islamico in Siria impiegando i bombardieri Tornado già basati a Cipro e finora utilizzati solo sull’Iraq, oltre a lanciare un’azione di intelligence contro i trafficanti di esseri umani impiegando uomini e mezzi della National Crime Agency e del Gchq, l’agenzia di spionaggio elettronico da schierare nel Mediterraneo.
Il presidente francese Francois Hollande, ha invece annunciato l’accoglienza in Francia per 24 mila siriani e l’avvio già da domani di voli di ricognizione sulla Siria che anticiperanno le incursioni di Mirage 2000 e Rafale.
“In Siria vogliamo sapere cosa si prepara contro di noi e cosa si fa contro la popolazione siriana”, ha spiegato Hollande.”Sulla base delle informazioni che raccoglieremo potremo condurre dei raid”.
Una frase sibillina che sembra riferirsi ai recenti bombardamenti dell’aeronautica di Damasco che hanno provocato molte vittime civili.
Pur escludendo l’invio di truppe sul terreno perché “significherebbe trasformare un’operazione in forza d’occupazione” (curiosa la distinzione tra i bombardieri che “liberano” e le truppe che “occupano”) le parole di Hollande lasciano qualche dubbio circa il fatto che il nemico che Parigi vuole colpire sia davvero l’ISIS.
Più chiaro in proposito è stato , il ministro dell’economia britannico George Osborne che al G-20 di Ankara ha affermato che “un piano per una Siria più stabile e in pace” deve prevedere la lotta contro la “radice del problema: il malvagio regime di Bashar al-Assad e i terroristi dell’Isis”.
Anche per Hollande il presidente Assad dovrà andarsene mentre Federica Mogherini responsabile per la politica estera della Ue, in un’intervista ha dichiarato che “è impossibile pensare che Assad faccia parte del futuro della Siria”.
Tutte affermazioni ambigue per tante ragioni, non ultima che appena due anni or sono i franco-britannici erano entusiasti inviare i oro jet a colpire la Siria di Assad.
Eppure è evidente che non si può combattere l’ISIS e al tempo stesso il suo avversario, il regime di Damasco. A meno che Londra e Parigi non seguano le orme di Ankara con i jet di Ankara che da oltre un mese, con la scusa della guerra all’ISIS, bombardano i curdi, cioè i più fieri avversari dei jihadisti.
E poi oggi l’unica alternativa possibile al regime di Assad non è certo un modello svizzero di democrazia ma la sharia più rigida imposta da ISIS e dal Fronte al Nusra, qaedisti oggi sdoganati nell’Esercito della Conquista con salafiti e fratelli musulmani appoggiati da Qatar, Turchia e Arabia Saudita.
In questo contesto favorire l’ulteriore indebolimento o la caduta di Bashar Assad, che controlla un terzo del territorio nazionale abitato però da 12 dei 18 milioni di siriani, non farà altro che provocare altri milioni di persone in fuga verso l’Europa.
Hollande e Cameron sembrano quindi intenzionati a giocare la carta dei raid sulla Siria sfruttando l’onda emotiva che colpisce l’opinione pubblica.
Un sondaggio di Odoxa ritiene che il 61% del campione di un migliaio di francesi sia favorevole a un intervento addirittura terrestre contro l’ISIS in Siria mentre in Gran Bretagna il sostegno a un intervento militare in Siria raccoglierebbe il consenso del 52% dei sudditi di Sua Maestà pur senza specificare se si tratti intervento aereo o anche terrestre ,secondo un sondaggio You Gov pubblicato dal Sun.
Per dare un concreto significato alla loro decisione, Francia e gran Bretagna dovrebbero anche incrementare sensibilmente il numero di cacciabombardieri impiegati: gli 8 Tornado della Royal Air Force e la dozzina tra Mirage 2000 e Rafale dell’Armèe de l’Air non combineranno un granché se si dovranno dividere tra Siria e Iraq effettuando lo stesso numero complessivo di missioni.
Senza truppe sul terreno la Coalizione dovrebbe passare da poche decine di azioni aeree al giorno contro l’ISIS a qualche centinaio.
La scorsa settimana i francesi hanno effettuato in tutto 16 sortite: anche se venissero suddivise tra il fronte siriano e quello iracheno non cambierebbero l’andamento della guerra contro un ISIS che in Siria continua ad avanzare.
A nord espugna villaggi agli altri gruppi ribelli nell’area di Marea, dove dovrebbe estendersi la zona cuscinetto che i turchi intendono costituire in territorio siriano a sud del confine più per impedire la continuità territoriale dei territori sotto controllo curdo che per penalizzare l’ISIS.
Anche nei sobborghi di Damasco l’ISIS avanza a spese degli altri gruppi ribelli mentre le milizie del Califfato pare abbiano strappato ai governativi parte del campo petrolifero di al-Jazal, nella provincia centrale di Homs, l’unico di una certa importanza ancora controllato dal regime con una produzione di 2.500 barili il giorno. Damasco ha smentito affermando di mantenere il controllo di al-Jazal e di avere ucciso in quel settore 25 miliziani dell’ISIS.
Foto: EMA/ministero D8ifesa francese e UK Gov
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane" e “Immigrazione, la grande farsa umanitaria”. Dall’agosto 2018 al settembre 2019 ha ricoperto l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza del ministro dell’Interno.