Russia e Ucraina cooperano in supporto alla NATO
Il 20 settembre scorso si sono svolte sul confine kazako, le attività conclusive della più grande esercitazione strategico-militare condotta quest’anno dallo Stato maggiore russo. “Centre 2015”, seguito da attaché militari di 40 Paesi, ha coinvolto nel complesso oltre 95 000 militari, 20 navi, 170 aerei e diversi reparti delle strutture di potere russe: il Ministero degli Interni, il Ministero delle emergenze, l’FSB (Servizio di sicurezza federale), l’SVR (Servizio di intelligence estero), l’Agenzia federale per il controllo delle droghe e alcune unità kazake, inglobate nelle cosiddette Forze collettive di reazione operativa della CSTO (Collective Security Treaty Organisation).
Poco prima, si è conclusa anche “Swift response 15”, la maggiore esercitazione di aviotrasporto condotta dall’Alleanza atlantica dalla fine della Guerra fredda.
È evidente che sin dall’inizio della crisi ucraina, e lo confermano anche le recenti esercitazioni militari su vasta scala, le controparti non hanno mai smesso di mostrare un accentuato attivismo militare, alternando le dimostrazioni di forza a più riprese.
La crescente tensione e il conseguente deterioramento dei rapporti tra la Russia e i Paesi della NATO, hanno quindi provocato una serie di effetti sul piano pratico, riscontrabili, in particolare, nella nuova dottrina militare russa (in vigore dal dicembre 2014), che definisce il rafforzamento della NATO come una grave minaccia alla sicurezza nazionale.
D’altra parte, l’espansionismo atlantico in l’Europa orientale è stato una diretta conseguenza della minaccia percepita da parte della Russia. Infine, anche l’Ucraina, che ha ormai abbandonato la strada del “non allineamento” e sembrerebbe essere pronta per il processo di adesione alla NATO, ha indicato (nella sua nuova dottrina militare dell’agosto 2015) la Russia come il suo principale nemico.
Di fronte a questo scenario, risulta quindi particolarmente sorprendente come, a scapito delle posizione ostili, Russia, Ucraina e NATO continuino a mantenere una stretta collaborazione sul piano del trasporto aereo strategico.
Da Lipsia partono regolarmente cargo russi e ucraini Antonov AN-124 Ruslan che trasportano, su commissione della NATO, equipaggiamenti militari molto pesanti e mezzi ingombranti.
Da dieci anni a questa parte, l’aeroporto di Halle è infatti la base per la realizzazione del progetto “Ruslan SALIS”, una joint venture tra la società privata russa di trasporto merci, Volga-Dnepr, e l’industria aeronautica ucraina, Antonov. SALIS (Strategic Airlift Interim Solution) propone una soluzione temporanea al trasporto aereo strategico per l’Alleanza. Infatti, quando in passato i velivoli C-130 Hercules e i Transal C-160 franco-tedeschi non erano sufficienti a soddisfare le esigenze logistiche strategiche e il nuovo modello Airbus A400M non era ancora operativo, la NATO si era rivolta all’Ucraina e alla Russia per il trasporto di propri elicotteri, carri armati e camion trasporto merci.
L’accordo fu firmato nel 2005 e prevedeva due cargo Antonov sempre a disposizione a Lipsia, e la possibilità di averne altri quattro in caso di necessità, soprattutto in relazione alle complesse esigenze logistiche dei contingenti internazionali schierati in Afghanistan.. Oggi, oltre all’UE che vi ricorre per scopi logistici civili, sono ben 13 i Paesi della NATO a usufruire dei suoi servizi logistici militari, a esclusione degli Stati Uniti.
Tuttavia, nonostante l’elevata fruibilità di SALIS, di cui la Germania è ancor oggi uno dei principali clienti, la situazione politica attorno al progetto è sensibilmente cambiata dall’annessione della Crimea nel marzo 2014. In questo senso, Berlino giustifica il suo ancoramento al progetto con l’aver firmato un accordo con la “Ruslan” e non direttamente con una società russa. Inoltre, anche il partner russo avrebbe assicurato che gli avvenimenti in Ucraina non avrebbero in alcun modo inficiato il business comune.
Nella pratica però, il potenziale di conflitto è sensibilmente cresciuto dall’inizio della crisi ucraina. Kiev ha infatti posto fine a qualunque tipo di collaborazione sul piano militare con Mosca.
La società aeronautica ucraina “Antonov” è stata assoggettata al diretto controllo dell’agenzia di Stato dell’industria della difesa “Ukroboronprom”. Contestualmente, sono emerse anche le conseguenze di questa decisione: alla metà di settembre, il Governo ha infatti deciso l’uscita di “Antonov” dalla joint venture con la società aeronautica statale russa OAK.
In ogni caso, i partner del progetto “SALIS”, la Volga-Dnepr di Ulyanovsk e l’Antonov di Kiev, risultano in qualche modo interdipendenti. Se infatti i russi hanno bisogno del loro partner per modernizzare e vendere i propri velivoli all’estero perché la Antonov detiene il brevetto per i velivoli sviluppati, gli ucraini hanno bisogno dei contatti russi sul mercato internazionale, così come dei suoi pezzi di ricambio e dei centri logistici.
A seguito della decisione di chiudere i contatti con i clienti russi, la SALIS si è trasformata in una delle poche fonti di finanziamento per la “Antonov”. Infatti, anche dopo l’annessione della penisola della Crimea, la società ucraina ha prolungato la scadenza dei permessi di produrre i velivoli russi, evitando sapientemente di mettere troppo in luce questa scelta.
A questo proposito, appare interessante notare come l’Atto fondatore sulle relazioni reciproche tra la Federazione russa e l’Alleanza atlantica del 1997 sia tuttora in vigore, e come questo sottolinei che Mosca e la NATO non si considerino più parti nemiche.
Lo stesso programma SALIS ha dimostrato che, indipendentemente dalla mutata percezione della sicurezza europea, esistano comunque punti di contatto e interessi condivisi da entrambe le parti.
La scadenza dell’accordo su SALIS era stata prolungata di due anni a dicembre del 2014 perché la NATO aveva ancora bisogno dei cargo militari. L’Airbus A400M è in forte ritardo ma è in grado di trasportare solo un terzo dei carichi rispetto alla capacità di trasporto degli Antonov 124 che superano le 120 tonnellate.
Nel complesso si è registrata una riduzione dei voli previsti dal progetto “Ruslan SALIS” nell’ultimo periodo, ma stando alle dichiarazioni del portavoce della NATO non sarebbe dovuta alla crisi ucraina (più probabilmente al ritiro delle gran parte delle forze Nato europee dall’Afghanistan.
Al momento non è chiaro se l’accordo sarà nuovamente rinnovato ma, con molta probabilità, la Germania sarebbe tra i maggiori fautori di questa posizione soprattutto di fronte alla necessità di soddisfare i propri bisogni logistico-militari strategici. Indubbiamente, la decisione sul futuro dell’accordo sarà assoggettata alla decisione della NATO (del 2014) di porre fine a qualunque tipo di collaborazione pratica con la Russia, a causa della sua politica aggressiva nei confronti dell’Ucraina
Ad ogni modo, senza il progetto SALIS, risulterebbe quasi impossibile poter trasportare equipaggiamento e mezzi militari molto pesanti a prezzi accettabili, come già sottolineato dal portavoce del Ministero della difesa tedesco in occasione di una recente conferenza stampa Giova ricordare che Berlino schiera 850 militari in Afghanistan dove intende mantenere la presenza militare fino almeno al 2017.
In proposito, la posizione della NATO risulta invece curiosamente ambigua. Se da un lato, infatti, si è già parlato di una discussione in corso per un nuovo accordo che escluda le imprese russe dalle gare di appalto, dall’altro, sembra che al momento si tenga volutamente aperta una possibilità di manovra. È evidente, quindi, che la decisione finale spetterà agli Alleati fruitori del progetto che potrebbero verosimilmente continuare ad anteporre i propri interessi logistico-economici alla logica del confronto sulla questione ucraina.
Foto Antonov e NATO
Anna MiykovaVedi tutti gli articoli
Nata a Kazanlak (Bulgaria), si è laureata con lode in Scienze Internazionali e Diplomatiche a Gorizia. Ha frequentato il Master in Peacekeeping and Security Studies a Roma Tre e ha conseguito il titolo di Consigliere qualificato per il diritto internazionale umanitario. Ha fatto parte del direttivo del Club Atlantico Giovanile del Friuli VG e nel 2013 è stata in Libano come giornalista embedded. Si occupa di analisi geopolitica e strategica dei Paesi della regione del "Grande Mar Nero" e dell'Europa Orientale e ha trattato gli aspetti politico-giuridici delle minoranze etniche e dei partiti etnici.