Lo "shutdown" americano si sente anche a Grottaglie
Migliaia di lavoratori dell’industria aerospaziale e della difesa degli Stati Uniti sono stati temporaneamente lasciati a casa senza stipendio dai primi del mese per effetto del “shutdown”, la sospensione delle attività statali provocato dal mancato accordo fra Democratici e Repubblicani sul budget federale. Lo “shutdown” sta portando alla chiusura temporanea di vari stabilimenti militari di proprietà dello Stato. I fornitori del Pentagono si vedono così costretti a fermare le loro attività produttive, anche a causa dell’improvviso licenziamento dei funzionari della Defense Contract Managemet Agency che devono sorvegliare la produzione e dare l’assenso al prosieguo delle attività. Le conseguenze sono fin troppo ovvie: le consegne di mezzi, armi e quant’altro all’amministrazione della Difesa si bloccano e/o subiscono comunque dei ritardi tali da obbligare le controparti a rivedere i termini contrattuali delle forniture, a cominciare dai prezzi. Sikorsky Aircraft per esempio sta lasciando a casa 2.000 addetti e così il motorista Pratt & Whitney della stessa holding United Technology che il settimanale Flight International colloca attualmente al 5° posto nella graduatoria mondiale delle imprese aerospaziali e della difesa dopo General Dynamics, Lockheed Martin, EADS e Boeing (Finmeccanica è all’8°).
Anche il primo fornitore del Dipartimento della Difesa (DoD, Lockheed Martin, sta soffrendo per il blocco delle attività statali e da oggi lascerà a casa 3.000 addetti. Tra le prime preoccupazioni c’è la sorte del programma F-35. Il responsabile governativo, generale Christopher Bogdan, nei giorni scorsi ha dichiarato che gli effetti dello “shutdown” combinati coi licenziamenti già fatti da LM in primavera, non faranno certamente bene a un programma che pareva finalmente tornato in sella: i voli test sono bloccati e le consegne dei velivoli subiranno ritardi. Da parte sua Lockheed ha dichiarato che intende “proseguire la produzione fino a quando il Pentagono non le chiederà di fermarsi”.
Il blocco delle attività statali americane non mancherà di avere effetti sull’economia mondiale, attività industriali nel settore della Difesa comprese. Secondo il portavoce della britannica BAE Systems – primo Contractor non americano del programma JSF – almeno il 10 per cento dei suoi 34.500 addetti potrebbe subire le conseguenze dello Shutdown oltre Atlantico.
Un primo effetto si è già avuto anche da noi. La decina di tecnici americani appena giunti in Italia per discutere assieme ai nostri responsabili militari e industriali gli interventi infrastrutturali necessari ad adattare la base aerea pugliese di Grottaglie all’F-35, sono subito stati richiamati negli Stati Uniti, con ordine fatto loro pervenire nella tarda serata di venerdì 4 ottobre. Come si sa questa base della Marina Militare, già oggetto dei primi preparativi dal 2010, dovrà accogliere a partire dal 2017 i primi dei 30 esemplari della versione STOVL dello strike statunitense destinati per metà all’Aviazione Navale e per metà all’Aeronautica. Quest’ultima teme di dovervi rinunciare a causa delle ristrettezze di bilancio, ma non perde la speranza di poterli rimpiazzare con un maggior numero di F-35A a decollo convenzionale, che costano meno. Da parte sua di recente la Marina ha stimato il raggiungimento della Initial Operational Capability dei propri aerei intorno al 2023.
Silvio Lora LamiaVedi tutti gli articoli
Nato a Mlano nel 1951, è giornalista professionista dal 1986. Dal 1973 al 1982 ha curato presso la Fabbri Editori la redazione di opere enciclopediche a carattere storico-militare (Storia dell'Aviazione, Storia della Marina, Stororia dei mezzi corazzati, La Seconda Guerra Mondiale di Enzo Biagi). Varie collaborazioni con riviste specializzate. Dal 1983 al 2010 ha lavorato al mensile Volare, che ha anche diretto per qualche tempo. Pubblicati "Monografie Aeree, Aermacchi MB.326" (Intergest) e con altri autori "Il respiro del cielo" (Aero Club d'Italia). Continua a occuparsi di Aviazione e Difesa.