I PROGRAMMI DI AMMODERNAMENTO DELLA MARINE NATIONALE ALGÈRIENNE
Introduzione
Per quanto sia ancora estremamente difficile elaborare un’analisi lucida e completa di quel vasto movimento noto con l’appellativo di “primavera araba” (vuoi perché non ancora giunto a una sua chiara conclusione, vuoi perché ha finito con il disattendere molte delle speranze che in esso erano state riposte), un dato emerge con chiarezza da questa particolare fase storica: l’aumento dell’incertezza e, di conseguenza, la comparsa di nuove sfide alla sicurezza collettiva.
E se questa considerazione è valida in termini generali, vista la peculiare collocazione geografica dell’Italia essa finisce con l’assumere un peso ancora maggiore proprio per il nostro Paese. Con una sponda sud del Mediterraneo ancora oggi solcata da tensioni di ogni tipo, diventa dunque praticamente obbligatorio accrescere il livello di attenzione verso di essa; e ciò non solo perché si parla di Paesi che per noi rivestono una grande importanza (tutti, senza nessuna eccezione) e che sono ben lungi dall’aver raggiunto una benché minima stabilità politica, ma anche perché sulla scena si stanno affacciando altri attori che puntano ad accrescere il loro ruolo nell’area e in questo specchio d’acqua, il «Mare Nostrum».
Il riferimento, chiaro e diretto, è all’Algeria, potenza regionale ormai in rapida ascesa.
Del resto, le condizioni per tale ascesa ci sono tutte e per capirlo basta volgere lo sguardo all’intero Nord Africa che rimane ancora attraversato da un elevato livello di instabilità; non solo, si pensi a un Paese come l’Egitto e a come le sue «convulsioni» politiche possono influire anche sullo scacchiere Medio-orientale. E poco cambia se il riferimento si sposta a quell’ambito più omogeneo costituito dal Maghreb, dato che alla Libia e alla Tunisia, si aggiungono la perenne instabilità della Mauritania e la ultradecennale disputa legata al Sahara Occidentale che vede coinvolto l’altro grande Paese di quest’area, il Marocco. E a completare questo quadro già di per sé ben poco rassicurante sotto molti punti di vista, si aggiunga che anche il Sahel (si veda la situazione in Mali) rimane fonte di preoccupanti tensioni.
Ecco dunque che in questa situazione così complessa, l’Algeria si distingue nettamente da tutti gli altri Stati poc’anzi ricordati per 2 motivi fondamentali; (relativa) stabilità politica e situazione economica (altrettanto relativamente) favorevole.
Per quanto riguarda il primo aspetto, occorre dire che si tratta di una conquista tutto sommato recente; è solo agli inizi del 2002 che ha infatti termine la guerra civile iniziata circa 11 anni prima. Un conflitto sanguinoso (in assenza di cifre certe, le stime più attendibili riferiscono di almeno 44.000 vittime) che aveva preso il via dalla vittoria del Fronte Islamico di Salvezza (FIS) nelle elezioni del dicembre del 1991. Di fronte al pericolo di una svolta islamista del Paese, le Forze Armate presero il potere con un colpo di stato nel gennaio successivo; un intervento cui faranno seguito seguono anni di repressione ma anche, anzi soprattutto, massacri e attentati per opera di diverse formazioni terroristiche. Grazie a varie iniziative di riconciliazione, alcuni spiragli si aprono a metà degli anni 90; ma è con l’elezione dell’attuale Presidente della Repubblica Abdelaziz Bouteflika nel 1999 che si ha la svolta. Da un lato prosegue infatti l’opera di riconciliazione, culminata poi in 2 amnistie, e dall’altro si intensifica il contrasto contro quelle formazioni che scelgono di non abbandonare la lotta armata. Opera di contrasto che culminerà nella sconfitta, ma non il completo annientamento, di gruppi come il GIA (Groupe Islamique Armé) e il GSPC (Groupe Salafiste pour la Prédication et le Combat); «schegge impazzite» che andranno a costituire la base per la formazione di nuovi gruppi terroristici, come Al-Qaeda in the Islamic Maghreb (AQIM), che finiranno con il costituire una rinnovata fonte di minaccia per Algeri.
Tuttavia, il ripristino di un certo livello di democrazia e di tranquillità a livello politico non è ancora sufficiente per spiegare l’attuale situazione algerina; una situazione che ha permesso, non a caso, a questo Paese di passare quasi indenne da quell’ondata di proteste (con i conseguenti sconvolgimenti politici) visti proprio con la “primavera araba”. In questo senso, a giocare un ruolo determinante è stata (ed è) anche la favorevole situazione economica, determinata a sua volta dal fatto che l’Algeria è tra i maggiori Paesi produttori/esportatori di petrolio e, soprattutto, di gas naturale. La quasi totalità degli 80 miliardi di dollari di export annui è infatti rappresentata dagli introiti derivanti dalla vendita di questi 2 fondamentali prodotti; cosa ciò significhi è presto detto: una notevole quantità di valuta pregiata che garantisce fondamentali economici più che discreti e, soprattutto, ingenti risorse da destinare alle proprie Forze Armate.
Per dare alcuni riferimenti, il bilancio della Difesa relativo al 2013 è previsto che sia di poco inferiore ai 10,5 miliardi dollari, con un’incidenza rispetto al PIL di circa il 4%; una cifra considerevole che conferma Algeri nella posizione di “biggest military spender” di tutta l’Africa e che, nonostante il fatto che essa sia in parte viziata dal recente passaggio al ministero della Difesa di forze prima assegnate a quello dell’Interno, ci ricorda come questo Paese abbia quasi triplicato le proprie spese militari nell’arco di un decennio. Una crescita costante che ovviamente riguarda anche la Al Quwwat Al Bahria Al Djaza’eria o Marine Nationale Algèrienne che, altro aspetto interessante riguardante in maniera specifica il settore navale, sta anche conoscendo un certo affrancamento dal fornitore tradizionale (per non dire esclusivo): l’Unione Sovietica prima e la Russia poi.
Un cambiamento che, cominciato negli anni 80, sta assumendo proporzioni via via più vistose e che, peraltro, finisce con il riguardare e coinvolgere direttamente anche il nostro Paese.
Giovanni MartinelliVedi tutti gli articoli
Giovanni Martinelli è nato a Milano nel 1968 ma risiede a Viareggio dove si diplomato presso l’Istituto Tecnico Nautico per poi lavorare in un cantiere navale. Collabora con Analisi Difesa dal 2002 occupandosi di temi navali in generale e delle politiche di Difesa del nostro Paese in particolare. Fino al 2009 ha collaborato con la webzine Pagine di Difesa.